Quanto è importante comunicare?
Comunichiamo quotidianamente consapevolmente e non. Con i nostri discorsi, con le parole che doniamo agli altri, con i messaggi che cerchiamo di trasmettere dopo una riflessione interna. C‘è chi spara cazzate, chi dà aria alla bocca, c’è chi parla senza ascoltarsi, chi assorbe informazioni e non le ritrasmette.
Ma la cosa certa è che parlare non è l’unico modo che abbiamo per farci percepire dagli altri. Bastano anche dei semplici gesti, movimenti inconsapevoli del corpo, un sopracciglio alzato in un particolare momento. Il nostro viso parla senza che ci sia bisogno dell’intervento delle corde vocali.
Ma come si fa a decidere cosa comunicare? C‘è chi non ha filtri, c’è chi invece pone un muro di fronte a sè non solo con chi lo circonda ma anche con se stesso. Infatti, forse la più pericolosa forma di comunicazione per un individuo non è quella non un agente esterno, ma quella con l’io interiore.
Quanto siamo in grado di ascoltarci? Di dare voce ai più renconditi pensieri che si rincorrono nella cassapanca dell’anticamera della nostra mente, nascosti o dimenticati per qualche ragione immemore. Spesso abbiamo paura di parlare a quella voce che ci risuona nei meandri del cervello. Non siamo più in grado di parlarci, di comprendere quello che percepiamo. forse perché non conosciamo più questo linguaggio sfuggente che usavamo continuamente quando eravamo bambini, senza filtri, sognatori senza limiti che vedono nel futuro l’opportunità di plasmare la vita a proprio piacimento, come se il presente fosse solo un trampolino di lancio verso le nostre idee, solo un passo più indietro, perchè “quando si sarà più grandi” si potrà fare tutto. Forse ci siamo abituati a sentire la tangibilità del reale che rende tutto sempre più complesso da realizzare, che abbiamo perso fiducia in questa voce, la quale, nel frattempo, titubante stava anch’essa crescendo. Stava accogliendo spunti di riflessione sparsi per le strade del cammino della crescita e stava maturando. Piano piano abbiamo percepito una disillusione che ci ha fatto smettere di parlare con un io che stava provando ad adattarsi all’impatto con il mondo reale, senza dargli una seconda possibilità, senza capire che stava evolvendosi anch’essa.
Forse, così preoccupati dalla necessità di apparire nel mondo, abbiamo dimenticato l’esistenza di quella voce e la sua importanza, la sua forza. La nostra attenzione è stata tutta catturata dalla necessità di mostrare agli altri la nostra forza e i nostri muscoli tanto da non avere più tempo per curare il meccanismo di ingranaggi che teneva in vita il dialogo con noi stessi. È diventato tutto uno show off tanto da farci perdere il contatto con noi stessi, con la materia di cui siamo fatti, con la riflessione. Chi siamo diventati?
Forse ci siamo resi conto di quanto facesse male scavare, cercare di immergersi nelle nostre paure, delusioni, domande con la possibilità di affondare con esse. Forse ci siamo persi nel tentativo di trovare un capo alla Matassa di questioni irrisolte e abbiamo pensato che accantonarle avrebbe risolto il problema: se non lo vedo, se non ci penso, non esiste. E ci siamo occupati di altro, almeno ci abbiamo provato, mentre la polvere sotto il tappeto cresceva e cresceva.
Il mondo ha cominciato a prendere una brutta piega e ci siamo allarmati al pensiero che, prima o poi, avremmo dovuto aver a che fare con tutti gli anni di silenzio a cui abbiamo costretto i nostri pensieri. Abbiamo represso quello che ora è diventato un mostro dentro di noi. Abbiamo bisogno di affrontarlo, di comunicare a tu per tu con noi stessi, con quei desideri, con quei sogni, con quelle speranze, con quegli incubi, con quelle ferite, con quei bruschi tagli della nostra vita che abbiamo tenuto in silenzio, anche quando cercavano di affiorare nella superficie delle nostre giornate impegnate a fare altro. Come se questo ”altro” fosse più importante di capirsi, di parlarsi, di aprirsi, di essere sinceri con noi stessi.
E anche quando ci renderemo conto che abbiamo fatto degli errori o che la via che stiamo percorrendo non è quella che ci fa stare bene, dobbiamo avere il coraggio di essere onesti nella nostra auto-comunicazione e chiederci qual è il prossimo passo da compiere.
È il tempo di mettere in silenzio la frenesia delle scelte di vita che abbiamo compiuto e chiederci: “Perchè?”
L&A