Stavo pensando.
Cosa succederebbe se morissi ora, in questo preciso istante?
Con il quaderno davanti a me, poggiato sul tavolo, e la penna blu ancora in mano. La corrente che passa attraverso il cavo per caricare il tablet esausto. La bottiglia d’acqua in attesa di essere finalmente buttata nel cestino, la luce accesa in cucina e anche in camera perché “ma sì, tanto faccio subito”.
Invece no, qualcuno le dovrà spegnere al posto mio, mentre si grida allo spreco, il mio cadavere giace steso su una sedia di legno.
Finita così, in un attimo. Chi lo avrebbe mai detto. Che il cuore possa fermarsi dopo un battito soffocato, che l’ossigeno smetta di arrivare ai polmoni, che i muscoli dopo un po’ possano smettere di contrarsi. Senza preavviso, senza che qualcuno abbia bussato alla porta dicendoti come o quando sarebbe successo.
È più ci penso e più mi chiedo, dopo ciò cosa rimane? Di me, materia organica pronta alla decomposizione, cibo per i vermi, una bara per la contemplazione dei vivi.
I vivi. Quelli che sentono il vero colpo della morte. I vivi che si struggono al pensiero di quel volto senza espressione, di quello sguardo rivolto altrove, chi sa dove. I vivi che cercano di mantenere il più possibile il ricordo di una persona che sanno di dover dimenticare. Aggrappati a immagini sbiadite che si susseguono nella mente, scene di un film conclusosi e destinato all’estinzione. Perché con il tempo si perderanno i contorni delle immagini, i suoni si faranno sempre più fievoli e i sentimenti provati sempre più inafferrabili.
Mi chiedo chi verrebbe al mio funerale. Io sicuramente sì, del resto sono la festeggiata. La mia famiglia, forse anche qualcuno che abita un po’ più lontano. E poi? Vedo qualche amico sparso, persone che pensavo si fossero dimenticate di me. E anche dei posti vuoti, gente che avrei sperato ci fosse.
Poi mi rendo conto tutto d’un tratto che pochi stanno asciugando le loro lacrime, altri stanno solo ad ascoltare il prete che parla, dispiaciuti.
E il giorno dopo tutto torna alla normalità. Ognuno prosegue la propria vita come se nulla fosse successo. Il tavolo della cucina torna a svolgere il suo lavoro a colazione, pranzo e cena. La bottiglia d’acqua va nel secchio della plastica, il quaderno viene chiuso e messo in libreria. La mia stanza rimane in silenzio per un po’ finché le viene assegnato un nuovo ruolo, almeno così torna ad essere utile anche lei in qualche modo. La terra gira nello stesso verso, i pianeti continuano ad orbitare intorno al sole.
Solo una piccola triste parentesi, un inconveniente che viene presto dimenticato, uno spreco momentaneo di energie che “proprio non ci voleva”.
Siamo particelle di polvere sospese in aria, riusciamo ad essere visti solo quando veniamo colpiti da un raggio di sole. Poi torna il buio.