top of page
Cerca
Immagine del redattoreL&A

Carlo Goldoni (1) - La riforma del teatro

Carlo Goldoni (1707-1793) è stato un commediografo italiano del '700, considerato il riformatore della commedia moderna.


Vita

Goldoni nasce a Venezia nel 1707. Segue il padre, medico irrequieto, nei suoi viaggi a Perugia e Rimini, dove frequenta la scuola superiore. Da qui fugge attraverso una barca con una Compagnia di Comici per raggiungere la madre, residente a Chioggia.

Successivamente torna a studiare e si occupa di legge a Pavia, ma viene cacciato dal collegio che lo ospitava a causa di una di una satira che aveva scritto contro le donne della città. Seguono anni di avventure e spostamenti di vario tipo, finché diventa coadiutore della cancelleria di Chioggia. Nel 1731 muore il padre, evento che gli comporta molte responsabilità, tra cui l'accudimento della madre.

Si laurea a Padova ed inizia a lavorare come avvocato, ma viene sopraffatto dalla vocazione teatrale. Conosce il capocomico Giuseppe Imer e ottiene l’incarico di scrivere dei testi per il teatro veneziano di San Samuele. Qui affronta vari generi, ma si focalizza maggiormente sulla commedia. Gradualmente metterà in atto la riforma del teatro, polemizzando la Commedia dell’Arte.

A causa di vari debiti, è costretto a scappare dalla città natale per stabilirsi a Pisa. Qui riprende l’attività da avvocato ed entra a far parte della Colonia dell’Arcadia. Inoltre, a Livorno conosce il capocomico Medebach, il quale lo fa diventare un poeta di teatro dandogli un vero e proprio stipendio.

Goldoni scrive si impegna in un tuor de force di scrittura di commedie (16 all'anno) che testimonia la sua bravura e originalità.

Per questioni economiche entra in attrito con la Compagnia di Medebach ed è costretto a passare al Teatro di San Luca. A causa della rivalità con Pietro Chiari, passa un momento difficile e comincia a sperimentare anche argomenti diversi (ad esempio: tematiche esotiche ed avventurose o testi più maturi).

Accetta di recarsi a Parigi per dirigere la Commedia Italiana, tirandosi fuori dallo scontro con Chiari, però anche qui si trova di fronte ai canovacci della Commedia dell’Arte. Nemmeno qua trova soddisfacimento nel suo lavoro, dovuto anche al problema della necessità di una accurata conoscenza della lingua.

Scoppia la Rivoluzione Francese e gli viene sottratto lo stipendio che prima gli era stato concesso. Sopravvive in miseria e muore povero nel 1793 lo stesso giorno in cui avrebbe dovuto ricevere la pensione (nelle sue commedie era stato riconosciuto, ormai troppo tardi, il presagio della caduta del dispotismo).


Il rapporto con l’illuminismo

Goldoni è stato molto gradito dalle persone del suo tempo. Infatti, ad esprimere giudizi positivi su di lui sono stati molti:

  • Voltaire lo giudicava “pittore della natura”;

  • nel Caffè viene lodato perché è una fonte di virtù, di umanità, di benevolenza;

  • gli illuministi lo sentono come un compagno della lotta borghese che sta prendendo il sopravvento.

La visione della vita di Goldoni è sicuramente mondana, che non presenta tracce di trascendenza. Il suo intento è quello di esaltare tutto ciò che è pratico e legato al buonsenso. Dà molta importanza alla socialità, perché ci tiene ad interagire con le persone e ad avere buoni rapporti (concetto alla base del nostro vivere civile) ed è disgustato da tutto ciò che li può minare (menzogna, ipocrisia, ecc). Di conseguenza, per lui è impensabile vivere in un ambiente come quello che si era instaurato negli anni precedenti nelle corti.

Il suo intento è quello di propugnare i valori della società borghese e mercantile, quella in cui lui stesso si è formato. Questo rispecchia anche l'’antipatia nutrita verso i nobili che ostentano i loro beni e le loro proprietà, ma che in realtà non posseggono virtù importanti e vivono interamente di privilegi.

Non si tratta di un rivoluzionario, però sogna una convivenza civile e tranquilla tra i vari ceti alla base di una società pacifica e laboriosa in cui ognuno svolge il suo dovere e fa il bene della comunità. In questo modo, l’eroe non è più l’aristocratico che possiede le virtù guerriere e che combatte contro gli infedeli, ma l’uomo ONESTO e che lavora nel proprio ambiente in maniera umile e devota.

La dimensione in cui tutto ciò si applica è sicuramente la città, perché è l’ambiente in cui arrivano le novità della cultura e si può lavorare affinché gli ideali illuministici si realizzino.


La riforma del teatro

La polemica di Goldoni parte con una critica alla Commedia dell’Arte, dato che lui la valutava troppo volgare, ripetitiva e dotata di intrecci un po' troppo arzigogolati e inverosimili.

E’ necessario chiarire subito una cosa: Goldoni trova necessaria una riforma nel teatro semplicemente secondo una motivazione anacronistica. Se Goldoni segue più il realismo borghese e il razionalismo illuministico, la Commedia dell'Arte rispecchia il periodo Barocco. Quest'ultima presenta dei difetti perché ormai si presenta come qualcosa di esaurito, che non porta più niente di nuovo e positivo, non fa più ridere e lavora con meccanismi che sono sempre gli stessi, saputi e risaputi, vecchi e noiosi. Goldoni percepisce che non rientra più nei gusti del suo tempo.

Scena della Commedia dell'Arte
Scena della Commedia dell'Arte

Tuttavia, ritrova degli elementi che si devono salvare: i discorsi istruttivi che comunicavano una morale, qualche scherzo leggero, le peripezie collocate in maniera giusta, le descrizioni e ultimo, ma non per importanza, le critiche alla tradizione.

La necessità di una riforma venne percepita anche da altri letterati del tempo. La differenza però sta nel fatto che questi pensavano di dover rinnovare un genere letterario, mentre Goldoni è un uomo di teatro che vuole rinnovare lo spettacolo. A lui, uomo di cultura letteraria non particolarmente profonda, non interessa, diversamente dagli altri, rinnovare il testo per trovare delle novità a livello di genere. Lui riconosce che bisogna cambiare quello che è il rapporto con il pubblico, perché sa come sono cambiati i gusti, come si deve stare in scena e quali sono le nuove esigenze. Il suo scopo è quello di rinnovare lo spettacolo per renderlo più gradevole e vicino agli spettatori del suo tempo. La sua riforma quindi è molto ampia e va ad incidere sul rapporto che c'è tra il teatro e la vita sociale di tutti i giorni.

Goldoni utilizza un linguaggio colloquiale, comprensibile a tutti perché il pubblico è estremamente vario. Si presenta come un unilinguismo basato sull’uso di un unico dialetto della lingua italiana che riproduce le conversazioni quotidiane (mentre nella Commedia dell’Arte vigeva il plurilinguismo, giocato sullo scontro fra dialetti diversi con un linguaggio forzato).

Per la riforma Goldoni non prende ispirazione dallo studio dei libri antichi, ma cerca le risposte nel libro del mondo, nell'esperienza e all'interno del teatro stesso, creando testi che piacciono al pubblico e che siano verosimili.


Dalla maschera al carattere

Il primo passaggio che attua nella riforma è quello dalla maschera al carattere. Infatti, Goldoni sostiene che la maschera sia solo un impedimento che ostacola la comunicazione tra l’attore e il pubblico. Se si utilizzano le maschere diventa molto più difficile tirare fuori il carattere, l’individualità e l’anima del personaggio. Lui diceva che i caratteri sono di numero finito (avaro, bugiardo, geloso, cortigiana, ecc…), però ci sono tantissimi modi diversi di rappresentarli che dipendono dall’attore stesso. Goldoni cerca di rappresentare le individualità nella loro concretezza e nella loro realtà che è specchio della vita quotidiana.


Rapporto tra personaggio e ambiente

Per lui è essenziale il rapporto che si instaura tra il personaggio e l’ambiente. Alcuni studiosi hanno diviso le sue opere in commedie di carattere e commedie di ambiente, a seconda della prevalenza di uno sull'altro o viceversa. In realtà le differenze sono quantitative e non qualitative: Goldoni descrive in ogni opera sia l’ambiente che i personaggi, perché non possono prescindere l’uno dall’altro. Però, effettivamente, in alcune si concentra più sull’ambiente sociale, mentre in altre sui caratteri. Queste due tematiche sono inseparabili perché ogni persona, su cui incide anche il bagaglio genetico, è frutto di un'elaborazione psicologica del contesto in cui ha vissuto, tra l’ambiente in cui vive e le persone con cui entra in contatto.

Goldoni anticipa il realismo e l’attenzione al personaggio, ma non è ancora ai livelli che raggiungerà successivamente Manzoni. In fondo, non è ancora in grado di cogliere le tensioni che agitano le coscienze oppure ciò che lacera una società. Verga è stato capace di rappresentare la vita dei personaggi che mette in scena e che racconta (un esempio sono I Malavoglia), mentre Goldoni non riesce ad andare così tanto a fondo. Certo è che però fa un passo verso il realismo e la rappresentazione della società.

L'inserimento di un copione

Né tanto meno la Commedia dell’Arte era in grado di raggiungere alti livelli di realismo, anche se veniva fuori una grande professionalità. Gli attori bravi o meno bravi lavoravano al repertorio basato su un canovaccio fisso su cui questi dovevano saper improvvisare e mettere in gioco tutte le loro capacità e competenze: giocare con la voce, far divertire il pubblico. Goldoni parte proprio mettendo in scena attori della Commedia dell’Arte, su cui dice lui stesso di aver modellato e cucito inizialmente i caratteri dei suoi personaggi.

Il commediografo, però, porta il teatro verso il copione. Infatti, secondo lui, l’improvvisazione non permette di mettere in luce certi aspetti negativi o positivi della società o delle persone. Goldoni ha bisogno di pensarci, di scrivere, di elaborare le idee per vedere se i discorsi possono funzionare e trasmettere il messaggio che effettivamente si vuole rappresentare.


Un processo graduale

La riforma che attua Goldoni è un processo graduale, non avviene di punto in bianco. Lui sa che deve tenere conto di

  • gusti del pubblico;

  • resistenze degli attori;

  • resistenze degli impresari (coloro che corrono il rischio promuovendo economicamente gli spettacoli).

Quindi, lui parte dall’adeguarsi agli attori e alle loro capacità. Poi comincia ad eliminare il canovaccio e a mettere le battute per iscritto, prima solo quelle del protagonista (un esempio è la commedia L’uomo di mondo del 1738) e poi quelle degli altri (altro esempio è La donna di garbo del 1743). Parte mantenendo le maschere e lasciando venir fuori sotto il carattere dei personaggi. A mano a mano li caratterizza in maniera più specifica, dà ulteriori suggerimenti in più in modo che emergano le forti personalità e solo allora toglie la maschera (il tutto dando tempo al pubblico di capire come le cose si stanno evolvendo).


Le resistenze politiche

Un altro ostacolo che Goldoni incontrata consiste nella situazione politica di Venezia. Nella città c’erano molti nobili che volevano difendere i propri diritti e privilegi, mentre lui voleva mettere in scena i vizi di questa classe sociale e le virtù della classe borghese a cui apparteneva. L'obiettivo era creare un forte contrasto che fosse riconoscibile dallo spettatore, il quale osserva ed individua ogni personaggio, vedendo rappresentata in scena la vita di tutti i giorni, la quotidianità e i propri valori. Goldoni trova uno stratagemma per sviare l'ira della nobiltà: ambienta le commedie in altre città (ad esempio in La locandiera, i vizi dei nobili di Venezia sono rappresentati in personaggi romagnoli o napoletani). Con questo meccanismo l'aristocrazia viene messa a tacere, mentre i borghesi comprendono perfettamente la rappresentazione.


Al prossimo articolo!

L(&A)

82 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page