Il ‘600 è stato il secolo della lirica barocca, esagerata e ridondante. Si sviluppa in questo contesto anche il teatro in Inghilterra, Spagna, Francia e Italia, anche se qui non riesce a stare al passo dei suoi avversari (mancano fantasia, contenuti, novità).
Si sviluppa soprattutto la commedia dell’arte: commedia di attori appartenenti a compagnie itineranti che si spostano di città in città, che utilizzano le maschere e si rifanno al folklore e alla tradizione popolare. In più, non hanno un testo scritto, non devono studiare ma c’è un canovaccio su cui si improvvisa con delle battute inventate al momento. Il testo da imparare a memoria arriverà dopo, con Goldoni, portando gli attori ad una resistenza in loro difesa.
Italia
L'Italia risponde con il melodramma, un genere che fonde canto, poesia e danza e che avrà un certo sviluppo, ma non raggiungerà il livello delle altre forme teatrali europee. Un esempio di melodramma è "L'Orfeo" di Claudio Monteverdi (spesso ricordata per l'aria "Vi ricordo o boschi ombrosi").
Solo successivamente nel '700, importanti commediografi daranno voce al paese attraverso le loro rappresentazioni. Tra loro ci sono Carlo Goldoni, Vittorio Alfieri e Giuseppe Parini.
Inghilterra
La figura di Shakespeare continua a prevalere su tutti gli altri. Qui ci si sofferma sul problema del male, tema del potere e dalla crudeltà che nasce quando lo si assume, turbamento, sensi di colpa, crisi di coscienza. Questi temi prendono ispirazione dalle varie tragedie shakespeariane, come Amleto, Otello e Macbeth.
Spagna
In Spagna si parla di Siglo de Oro per indicare il Barocco, sia nell’ambito della lirica che del teatro. Gli autori più apprezzati sono
Lope de Vega: autore che si cimenta in tutti i generi, tranne il romanzo;
Tirso de Molina: realizza “Don Giovanni” (tema ripreso da Mozart e da Molière);
Pedro Calderon de la Barca: autore di “La Vita è Sogno” (intraprende un viaggio per la scrittura di opere più riflessive, si concentra sulle inquietudini e sulla precarietà della condizione umana).
Francia
In Francia, il pubblico è principalmente diviso in una disputa tra Corneille e Racine, autori di successo di commedie e soprattutto di tragedie.
Tra i due, è Racine ad avere la meglio ed attirare più consensi. Nonostante ciò, è Molière colui che riesce a conquistare il pubblico.
Molière
La notorietà maggiore viene raggiunta da Molière con il teatro comico, dove vengono ripresi modelli, situazioni, personaggi del periodo classico. La novità consiste nell'attualizzazione delle tematiche del passato. Si tratta di una tecnica già messa in pratica dal commediografo latino Plauto, il quale ambientava in Grecia le sue commedie, ma nominava elementi tipici e persone del contesto di Roma a lui contemporaneo. In questo modo, l'audience poteva riconoscere una persona della vita di tutti i giorni nell'attore che interpretava un padre severo o un giovane sprovveduto.
Molière riprese la tecnica plautina in maniera diretta, tanto da far sì che i francesi potessero vedere rappresentati i propri vizi e difetti, soprattutto quelli dell’aristocrazia, cosa che lo portò ad essere accusato e criticato molto spesso. La sua fu un’opera di demistificazione e di smascheramento degli inganni e dei vizi della società.
Vita
Jean-Baptiste Poquelin nasce a Parigi nel 1622 da un ricco tappezziere. Si forma in un collegio di Gesuiti, studia diritto ad Orleans e, come tanti altri, abbandona per dedicarsi alla letteratura. Va a fondare una compagnia teatrale insieme a Madeleine Béjart, pensando di ricevere un gran successo. In realtà, non succede e quindi decide di lasciare la città e di esplorare altri luoghi della provincia francese.
Una volta accumulato un po’ di successo, torna a Parigi e una sua rappresentazione presso la corte viene talmente tanto apprezzata, che entra nelle grazie del fratello del re, il Duca di Orleans. Questo lo fa vivere alla corte per 15 anni e poi gli affiderà un teatro dove Molière potrà mettere in scena le sue opere.
In questo periodo l’autore scrive circa 30 commedie di costume, dove spesso mette in ridicolo la società del suo tempo, tratta i vizi degli uomini, parla di argomenti scomodi (difeso dalle accuse che gli verranno mosse dallo stesso Duca), perché ciò che lui vuole mostrare è anche spesso il vuoto di certe persone e certi ambienti. Molti sono i riferimenti a Plauto.
Opere
L’avaro
L'opera si può identificare come un mix tra le commedie plautine "Aulularia - La commedia della pentola" e la "Casina".
Arpagone (il corrispondente Euclione in Plauto) è odiato dai figli per la sua avarizia, dato che tiene tutti i soldi per sé e fa vivere la famiglia in grandi ristrettezze economiche. Inoltre, comunica la decisione di voler sposare la donna Marianna, amata dal figlio Cleante, e di voler dare in sposa la figlia Elisa, innamorata di Valerio, ad un anziano gentiluomo. Il servitore del figlio Cleante ruba ad Arpagone una cassetta piena di denaro per darla al padrone, il quale la vuole usare per ottenere l’amata. La storia si conclude con l’agnizione di Marianna e Valerio come figli di Anselmo, perduti in un naufragio. Nel lieto fine Marianna sposa Cleante, Valerio sposa Elisa e Arpagone recupera la sua cassetta.
Il tartufo
L'opera presenta come protagonista la figura di un impostore che si insinua nella casa di un personaggio ricco per godere delle sue ricchezze, facendo finta di essere una persona per bene, integerrima ed estremamente religiosa. Con questa rappresentazione, Molière denuncia quello che, secondo lui, è un tratto negativo della religione: a volte questa risulta solo come una caratteristica esteriore.
Il malato immaginario
E' giocato su continui equivoci, che ricordano lievemente la commedia di Plauto "Menaechmi".
Don Giovanni o Il convitato di pietra
“All’inizio della commedia il servitore di Don Giovanni presenta il suo padrone come il più grande scellerato che la terra abbia mai prodotto, un assatanato, un cane, un diavolo, un turco (pagano), un eretico, una persona che non crede né al cielo e né all’inferno”.
Don Giovanni è l’incarnazione del male che pecca di hybris (tracotanza, il non rispettare l’autorità, le leggi, le regole socialmente accettate, sfida verso le divinità), perché non rispetta nessuna legge né umana e né divina. Lui è il seduttore per antonomasia: sposa una fanciulla e la abbandona poco dopo, seduce una suora e la fa uscire dal convento per poi abbandonarla, cade tra le sue grinfie anche una donna appena sposata e che poi lui lascia. Don Giovanni ammette che per lui queste azioni sono irresistibili, anche se si tratta di atteggiamenti sbagliati. In realtà, alla seduzione si aggiunge anche l’inganno, perchè lui fa sempre credere di avere l’intenzione di dare via ad una relazione stabile, duratura e seria basata sull’amore autentico (tema del ruolo ingannatore delle parole). Lui è attratto più dal processo di conquista che dalla preda.
Perchè il titolo comprende l’espressione “Il convitato di pietra”? L’espressione proverbiale sta solitamente ad indicare la sensazione pressante della presenza incombente di una persona che non c’è e che tutti percepiscono come animo assente. Nell’opera il convitato di pietra era una statua di un padre che aveva tentato di difendere la figlia dalle grinfie di Don Giovanni. Quest’ultimo era riuscito ad ucciderlo e, dato che godeva di una certa importanza nella società, è stata realizzata in suo omaggio una statua. Per spregio, Don Giovanni finge di invitare ad una cena la statua che fa un cenno ed effettivamente si presenterà. Qui questo prende per mano il protagonista e lo conduce agli Inferi e la vicenda si conclude con la morte e la discesa all’inferno di Don Giovanni.
Don Giovanni era stato spesso invitato dal servo, dal padre o da altri personaggi a riconoscere e pentirsi delle proprie colpe, ma lui non lo fa e rimanda in continuazione, finché viene definitivamente condotto nel regno dei morti e condannato per l’eternità.
Al prossimo articolo!
L(&A)
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