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L'aldilà nelle religioni

Definizione di Aldilà

Nello studio comparato di mitologie e religioni, Oltretomba è un termine generico, equivalente ad aldilà, per indicare un luogo o una condizione di continuazione dell'esistenza (spesso solo in forma immateriale come anima o spirito) dopo la morte fisica del corpo.

Il discorso che abbiamo fatto non vale, però, per tutte le religioni, ma bisogna distinguere caso per caso. La maggior parte delle religioni organizzate tenta di offrire una spiegazione su cosa succede dopo che una persona muore. Questa generalmente implica una sorta di aldilà, in cui l'anima umana viene premiata o punita per come ha scelto di vivere. Altre credenze includono, invece, la reincarnazione.


L’aldilà per chi non crede

Nel mondo ci sono gli AGNOSTICI, ovvero quelle persone che affermano di “non conoscere" se Dio ci sia o no. Secondo il metodo scientifico usato da un agnostico, l'idea che gli umani abbiano un'anima o che l'anima continui ad esistere per un lungo periodo di tempo è illogica.

Ma secondo gli ATEI? Il nulla. Coloro che non credono nell'esistenza di un Dio trascendente negano che vi sia un'anima che sopravvive al corpo e ritengono pertanto che, dopo la morte, non vi sia nulla. Insomma, la differenza tra un credente e un non credente è che il primo spera in Qualcuno a cui tendere la mano.


Le tre religioni monoteiste

Secondo le tre religioni monoteiste (Ebraismo, Cristianesimo e Islam), al momento della morte l'anima della persona abbandona definitivamente il corpo e, con esso, la vita terrena, per ricongiungersi a Dio. Le concezioni dell'aldilà, come dicevo, variano da una religione all'altra, e si modificano anche all'interno della medesima tradizione religiosa.

EBRAISMO

L’Ebraismo si trova in una situazione particolare dato che bisogna distinguere questa religione durante le fasi della sua evoluzione. Il Pentateuco non precisa cosa succede alle persone dopo la morte, ma fa menzione di una resurrezione collettiva dopo il Giudizio. Così, per l'Ebraismo antico, l'anima del defunto raggiunge tutte le altre anime che riposano nel regno delle tenebre (o sheol). L'idea che la sorte ultraterrena degli individui si possa differenziare in base alla condotta che essi hanno tenuto in vita si afferma più tardi, quando alcune scuole di pensiero cominciano a sostenere che, dopo un soggiorno comune nello sheol, le anime dei giusti vengano condotte nei giardini dell'Eden, mentre quelle dei malvagi vadano all'inferno. In particolare certe scuole ritengono che le pene dei dannati siano temporanee e purificatrici e che, una volta scontate, l'anima venga ammessa in paradiso. Vi sono tuttavia dei peccati la cui gravità condanna l'anima del colpevole alla dannazione eterna - almeno fino all'epoca del Giudizio finale.

CRISTIANESIMO

Secondo il Cristianesimo i buoni vanno in paradiso, dove godono di uno stato di eterna beatitudine, mentre i malvagi vanno all'inferno, dove sono sottoposti a supplizi indicibili. I cattolici nel Medioevo (Secondo concilio di Lione, 1274) aggiungono un luogo intermedio, il purgatorio, “un luogo o una condizione di castigo temporaneo per coloro che non sono interamente liberi dai peccati veniali, oppure non hanno scontato appieno la soddisfazione dovuta alle loro trasgressioni”, dove i peccatori che si sono pentiti in vita subiscono dei castighi per espiare le proprie colpe e entrare in paradiso. La Bibbia a riguardo non fa riferimenti diretti ma si intuisce, per alcuni cristiani, l’esistenza di un luogo che può portare alla purificazione ed al perdono (Vangelo di Matteo (12, 31-32). Gli ortodossi rifiutano il purgatorio, infatti proprio nel Medioevo la Chiesa d’Oriente si definisce ortodossa per il suo carattere dogmatico, in particolar modo la divisione diventa definitiva con lo scisma d’Oriente del 1054. Anche i protestanti rifiutano il purgatorio, questa era infatti una delle critiche che Martin Lutero aveva rivolto alla Chiesa Cattolica nel 1517.

ISLAM

L'Islam afferma che coloro che non credono in un unico Dio sono destinati a bruciare all'inferno. Quando una persona muore, la sua anima viene interrogata da due angeli, che le chiedono di recitare la professione di fede (shahada, questa dice in arabo: «Testimonio che non c'è divinità se non Dio, Allāh, e testimonio che Maometto è il Suo Messaggero.» e costituisce condizione essenziale per diventare musulmano), se non è in grado di farlo, viene dannata.


Il ciclo delle rinascite

Molte religioni ritengono che l'anima debba passare attraverso una lunga catena di reincarnazioni prima di raggiungere la liberazione, ovvero la cessazione del ciclo delle rinascite. La credenza nella trasmigrazione delle anime caratterizza le religioni di ceppo induista. Questa particolarità è propria delle religioni molto antiche, ad esempio in Grecia anche con la filosofia dei pitagorici, che si basano sulla dottrina dell’orfismo reinterpretata con la metempsicosi. Secondo questa l’anima è divina e quindi eterna, è per questo motivo che deve entrare a far parte di un ciclo di reincarnazioni durante le quali si ha la purificazione (catarsi) dell’anima stessa.

INDUISMO E GIAINISMO

Ad esempio gli induisti e i giainisti credono che alla morte ogni creatura si reincarni in un altro corpo, vegetale, animale, o umano. Lo scorrere delle esistenze è visto come un dramma dal quale si desidera liberarsi. La liberazione, moksha, consiste nella scoperta dell'illusorietà della propria identità individuale (atman), per ricongiungersi con il brahman, che è l'Uno indivisibile. Questo accade quando si riesce a passare il giudizio divino che avviene attraverso un percorso in cui si passano 5 cieli (o mondi, dimensioni, regni). Lungo questo percorso c'è un esame fatto di domande che mirano a misurare quanta conoscenza l'individuo ha acquisito nella sua esistenza. Se il giudizio non si passa si ha la rinascita. Se il giudizio si passa, si raggiunge lo Yama celeste costituito da 5 regni con ognuno una divinità: Indra, Shiva, Visnu’, Krishna, Brahma.

BUDDHISMO

Secondo i buddhisti, per 49 giorni dopo la morte l'individuo va errando tra il mondo dei morti e quello dei vivi; dopodiché il meccanismo del karma decide in quale corpo si reincarnerà. Il karma, tradotto “azione”, si basa sul concetto “azione-reazione” secondo il quale ad ogni azione, ne corrisponde una uguale e contraria, ma opera su tre livelli: azioni, pensieri e parole. Diciamo che, a seconda del nostro comportamento, noi riusciamo a “decidere” la nostra strada, siamo noi che viviamo che, con le nostre azioni, determiniamo la nostra sorte, la “scelta” del nostro karma. Come per gli induisti, l'obiettivo ultimo dei buddhisti è di porre fine al ciclo ininterrotto delle rinascite per raggiungere l'estinzione delle sofferenze, o nirvana.

Questo concetto è ben espresso nel libro “Siddharta” di Herman Hesse dove il protagonista, Siddharta, intraprende un viaggio spirituale e la sua vicenda si ispira dal punto di vista biografico a Buddha, ovvero Siddharta Gautama, che nel libro viene però presentato come Gotama. Siddharta, grazie al suo percorso, diventa un buddha, ovvero un essere che ha raggiunto il massimo grado di illuminazione, e, riesce a raggiungere il Nirvana in vita.

SIKH

Anche i sikh credono nella reincarnazione, tranne che per loro la liberazione non consiste nell'annullamento di sé, bensì nella ricongiunzione dell'anima con Dio.


Gli antenati

In altri sistemi religiosi, la morte è vista come il passaggio dell'individuo allo stato di antenato. Gli antenati si inseriscono nella vita dei propri discendenti comunicando direttamente con loro, proteggendoli (o, in certi casi, ostacolandoli), approvando o disapprovando le loro azioni, e intervenendo quando la famiglia li invoca con riti propiziatori.

RELIGIONI TRADIZIONALI CINESI

Per le religioni tradizionali cinesi non vi è una separazione netta tra il mondo dei vivi e quello dei morti: i morti non abbandonano il mondo dei vivi, ma diventano antenati e, come tali, continuano a partecipare della vita quotidiana della propria famiglia d'origine, proteggendo e guidando i discendenti. Nella società cinese tradizionale, ogni casa ha una nicchia nella quale vengono conservate le tavolette con su iscritti i nomi e le principali azioni compiute dagli antenati. Le decisioni importanti (ad esempio, la scelta di una sposa) vengono sottoposte agli antenati, e il dovere principale dei vivi è di assicurare la continuità della progenie per mantenere viva la memoria degli avi.

RELIGIONI TRADIZIONALI AFRICANE

Secondo le religioni tradizionali africane, i morti non si ritirano in una sfera ultraterrena, ma continuano a intervenire nella vita dei discendenti sotto forma di "spiriti protettori". Non tutti i defunti, però, accedono al ruolo di antenati: ne sono esclusi i bambini, i "matti", gli "anormali", e coloro che con le loro azioni hanno arrecato danno alla comunità. Gli anziani sono in diretto contatto con gli spiriti degli avi che, tramite essi, comunicano i propri consigli e divieti alla comunità. Se il volere degli antenati viene trasgredito, o se ci si dimentica di onorarli, essi si adirano e manifestano la propria collera provocando disgrazie (malattie, siccità, ecc...). La nascita di un bambino può essere l'occasione per onorare un antenato. I genitori possono infatti decidere spontaneamente di assegnare al nuovo nato il nome di un avo a loro particolarmente caro. L'attribuzione del nome è molto importante in Africa, perché determina l'identità di un individuo. Assieme al nome dell'antenato, si pensa infatti che il bambino ne acquisisca i tratti della personalità.

Gli antenati sono i guardiani delle tradizioni della comunità e continuano ad occupare il loro posto nel loro gruppo di appartenenza, esercitando la loro autorità sui discendenti.


Al prossimo articolo!

L(&A)

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