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La Primavera

La Primavera è una tempera dipinta su una tavola di pioppo di 203 x 314 cm. L’opera è stata realizzata tra 1482 e 1485 da Botticelli per Lorenzo di Pierfrancesco dei Medici, cugino in secondo grado del Magnifico, e dal 1919 si trova agli Uffizi.

Introduzione

La Primavera è il primo grande capolavoro di Botticelli, uno degli artisti rinascimentali più famosi. Si tratta di un’opera che si distingue per fama e bellezza nella produzione dell’artista legata al “periodo profano” e dedicata a soggetti mitologici. Questo dipinto è considerato una delle più importanti allegorie pagane della storia dell’arte postclassica, diventato l’emblema della pittura fiorentina. Lo straordinario fascino che tuttora esercita sul pubblico è legato anche all'aura di mistero che circonda l'opera, il cui significato più profondo, interpretato con approfondite indagini iconografiche, non è ancora stato completamente svelato. Difatti, La Primavera è un quadro complesso, denso di riferimenti letterari e filosofici, destinato a un pubblico elitario e molto colto.


Descrizione

I personaggi allegorici del dipinto sono allineati sul primo piano di un paesaggio scuro e controluce. Botticelli, per la Primavera, creò una composizione orizzontale e distribuì su di un unico piano le figure mitologiche. Si crea, così, una scansione ritmica, elegante e movimentata. Lo sguardo della Venere, diretto verso l’osservatore, la rendono il centro psicologico del dipinto.

I personaggi sono in tutto nove e evidentemente ispirati alla mitologia classica: due figure maschili ai lati, sei figure femminili al centro e un putto alato.

Secondo l’interpretazione più accreditata, la figura al centro è Venere, dea dell’amore, che suscita passioni terrene nelle persone e le trasforma in attività contemplativa. È sovrastata dal figlio Cupido, il quale volteggia, bendato, e scaglia i suoi dardi infuocati che fanno innamorare gli uomini.

A destra, Zefiro, personificazione del vento primaverile, raggiunge la ninfa Cloris, che inizia a “vomitare” fiori; a causa della loro unione, la ninfa si trasforma nell’ opera stessa in Flora, cioè nella Primavera, qui mostrata beata mentre sparge le rose raccolte sul grembo. Si tratta di un’allegoria della fecondazione.

A sinistra, le tre figure femminili che danzano tenendosi per mano potrebbero essere le Grazie, dee della bellezza e della grazia nonché divinità minori compagne di Venere, di Apollo e delle muse. Un’altra interpretazione sostiene che esse siano le Ore, divinità al seguito di Venere; coperte di veli trasparenti, esse indossano gioielli raffinatissimi, che richiamano la formazione da orafo di Botticelli.

All’estrema sinistra della composizione, Mercurio difende la magica perfezione di quel giardino, allontanando le nubi con il caduceo, il suo bastone alato.

Lo spazio alle spalle dei personaggi è dominato da un fitto boschetto di aranci, fioriti e carichi di frutti. Gli alberi sono collocati in fila e quasi tutti sullo stesso piano. Gli studiosi hanno individuato 138 specie vegetali accuratamente dipinte da Botticelli. L’artista probabilmente si documentò con erbari e dipinse fiori ed erbe con maniacale attenzione.

Analisi

La Primavera del Botticelli sembra mettere in scena dei personaggi, dipinti a tinte vive e chiarissime, contro un fondale e un palco scurissimi. Spicca il rosso delle vesti di Mercurio e Venere, ben chiaroscurato con ombre colorate e non annerite.

La scena riprende la ricchezza di particolari della pittura fiamminga, ma manca di realismo. La mancata accentuazione dei volumi, la riduzione dei chiaroscuri, l’assenza di prospettiva servono a chiarire che la pittura non deve riprodurre la natura in modo illusionistico ma deve saper creare una realtà perfetta. La componente idealizzante, infatti, è la più evidente. È questo il frutto più evidente della cultura neoplatonica dell’artista. Tutti i personaggi presentano forme allungate e flessuose, si atteggiano con pose eleganti e aristocratiche e camminano o danzano sul prato leggeri e incorporei, sembrano quasi non calpestare l’erba e i fiori. Lo spazio è privo di profondità, le ombre inesistenti rimandano ad una luce astratta di non precisa provenienza.


Significati

In realtà pare che si trattasse di una committenza di ripiego: inizialmente il quadro era destinato alla celebrazione delle nozze segrete tra Giuliano de' medici, fratello del Magnifico, e Fioretta Gorini, i quali ebbero un figlio: il futuro papa Clemente VII. Giuliano però morì prematuramente nella Congiura dei Pazzi nel 1478, l'attentato ordito dall'omonima famiglia di banchieri fiorentini ai danni di suo fratello Lorenzo, e si decise di riutilizzare l'opera per le nozze del cugino. Giuliano è stato riconosciuto nella figura di Mercurio, mentre la Grazia centrale che lo guarda sognante è Simonetta Vespucci, sua amante e rappresentata da Botticelli, che l’aveva presa come sua Musa, anche nelle vesti di Venere nell’omonima opera.

Molteplici e tutte diverse le interpretazioni di questo capolavoro del Rinascimento italiano, che secondo alcuni nasconderebbe persino un omaggio a Lorenzo il Magnifico. Sembra infatti che il girotondo delle Tre Grazie sarebbe un ballo basato sul doppio passo, inventato proprio da Lorenzo stesso.

Per alcuni si tratta di un’allegoria della giovinezza, l’età dell’amore e della riproduzione, la stagione della vita più felice ma che passa più in fretta. Le tre Grazie (o le Ore) che danzano sarebbero dunque un’allegoria del tempo che scorre.

Secondo altri studiosi, invece, il quadro ha un significato ben più meditativo, legato al contesto filosofico neoplatonico di Marsilio Ficino, in cui risultano centrali i temi della bellezza e dell’amore. Il dipinto rappresenterebbe l’avvento del regno di Venere, inteso come momento di fioritura intellettuale e spirituale. Venere rappresenterebbe l’Humanitas, cioè l’incarnazione mitologica del concetto di equilibrio e di armonia, nonché l’allegoria delle virtuose attività intellettuali che elevano l’uomo dai sensi (rappresentati da Zefiro-Cloris-Flora), attraverso la ragione (le Grazie/Ore), sino alla contemplazione (Mercurio). L’Humanitas comprenderebbe anche la condizione della fragilitas, cioè della precarietà e della mortalità dell’uomo. In altre parole, l’animo umano, grande e fragile allo stesso tempo, è sottoposta una continua tensione perché sospeso tra virtù e vizio. È tendenzialmente rivolto al bene, ma incapace di conseguire la perfezione perché ostacolato dall’istinto, che lo spinge verso l’irrazionalità. La perfezione è dunque percepita come una condizione ideale mai raggiungibile.


La figura della donna

L’artista fu interessato a ricreare immagini pittoriche affini a quelle classiche. Ricostruì le figure delle menadi danzanti, le cui vesti drappeggiate rivelano solo in parte la nudità del corpo e accompagnano accendono in ritmo della danza. Le parti nude dei corpi sono dipinte con una sintesi morbida e dal colore quasi marmoreo. Le figure femminili presentano inoltre pose eleganti e il capo graziosamente declinato. La Venere, che pare una Madonna in attesa, assume una posa che si riassume nella elegante linea ad “S”. Le sue delicate figure femminili, sono i immortali per l’armoniosa perfezione e tuttavia sono fragili perché come possiamo vedere da loro volto sembrano non essere del tutto convinto dell’esistenza del mondo fisico.


Al prossimo articolo!

L(&A)

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