In questo ultimo articolo della trilogia dedicata a Caravaggio (Caravaggio - I bari e Scudo con la testa di Medusa, Caravaggio - Sick Bacchus), analizziamo l’artista attraverso un confronto con Artemisia Gentileschi. Le due opere che prendiamo in considerazione sono Giuditta e Oloferne e la Maddalena penitente.
Giuditta e Oloferne
Si tratta di un episodio della Bibbia. La storia di Giuditta e Oloferne è narrata nel Libro di Giuditta: la donna, grazie alla propria abilità, riuscì a far ubriacare e successivamente uccidere il generale degli Assiri, Oloferne, per salvare il suo popolo, preservando anche la sua virtù morale.
CARAVAGGIO
Custodita nel Palazzo Barberini, a Roma.
La scena, già rappresentata nel periodo rinascimentale con una valenza principalmente religiosa, con Caravaggio assume una nota crudele che corrisponde all’effettivo gesto brutale della fanciulla. Giuditta sta compiendo quello che è il volere divino e lo fa con una certa dose di disgusto e riluttanza, mentre l’ancella anziana la incita con lo sguardo spietato e, attenta all’atto, porta con sé un sacco che servirà per raccogliere la testa di Oloferne. Il quadro ha provocato dello scandalo anche perché, come in altre sue opere, Caravaggio ha utilizzato come modello per la figura femminile di Giuditta una famosa prostituta di Roma.
ARTEMISIA GENTILESCHI
Attualmente conservata nella Galleria degli Uffizi, a Firenze.
Artemisia rappresenta l’esatto istante in cui Giuditta sta decapitando con la sua stessa spada Oloferne che esala il suo ultimo respiro, mentre l’ancella l’assiste. Il quadro è stato revisionato ossessivamente più volte dall’artista, la quale realizzò due soggetti femminili forti, decisi e coraggiosi. Data la sua difficile vita, si può riconoscere nel quadro della donna un atto di accusa per la violenza del mondo (Oloferne corrisponderebbe con Tassi, l’amico del padre che l’aveva stuprata). La scena è molto realistica e curata anche nei minimi particolari, come il colore del sangue, gli abiti e le espressioni. Il volto di Giuditta ha uno sguardo sicuro e non prova alcun rimorso per ciò che sta facendo, quasi divertita dall’omicidio che sta effettuando. Intanto Oloferne è disperato, cerca di liberarsi come può dall’aggressione, aggrappandosi anche alla veste dell’ancella, ma è già troppo tardi; c’è già molto sangue che sgorga dalla ferita e che si sta riversando sul materasso su cui si era addormentato, ubriaco.
Si tratta di una rappresentazione di Oloferne e Giuditta molto violenta: la pittrice utilizza dei colori forti, che conferiscono alla scena un’atmosfera molto aggressiva. L’unica fonte di luce proviene dalla sinistra della scena (probabilmente una candela), che ci permette di assistere alla morte di Oloferne, facendo scivolare in secondo piano i dettagli superflui. Nell’oscurità dello sfondo spiccano violentemente il blu acceso dei vestiti di Giuditta che va in contrasto con il pallore della sua pelle e anche un rosso scuro utilizzato per l’abbigliamento dell’ancella.
CONFRONTO
Si potrebbe scorgere l'influenza di Caravaggio nell'opera di Artemisia: il dipinto evoca non solo nella crudezza della decapitazione, ma nella postura stessa dell'eroina biblica, la Giuditta di Caravaggio, al punto che è difficile pensare che Artemisia non abbia avuto modo di conoscere tale opera. Questo è attestato, ad esempio, dal fatto che la scena è molto teatrale e ricca di pathos.
Allo stesso tempo, però, si può notare l’esasperata violenza e crudezza del quadro della donna, che è molto meno evidente nel quadro di Caravaggio.
Caravaggio, inoltre, aveva ritratto Giuditta come una donna pia e casta, che segue il volere di Dio ma è disgustata dal gesto riluttante che sta compiendo. Artemisia, invece, aveva rappresentato la protagonista come una donna forte, determinata e decisa, quasi a non veder l’ora di uccidere il nemico. Possiamo estrapolare queste informazioni da alcuni dettagli che nel complesso rendono Giuditta una donna spietata: la forza che deriva dalla contrazione dei muscoli che tengono immobile Oloferne e la sua testa, la smorfia sul viso, l’espressione vendicativa, il sopracciglio alzato, le vesti stropicciate.
Molto più evidente che nel dipinto di Caravaggio, in questo si nota la solidarietà tra Giuditta e l'ancella Abra, che solo unite riescono a sopraffare il generale nemico. D’altro canto, nel quadro del pittore l’ancella anziana sembra solo incitare con lo sguardo la sua padrona, mentre qui Abra, giovane, è partecipe in maniera diretta dell’azione e si comporta nei confronti di Giuditta come se fosse una sua cara amica che le la sua mano nel momento del bisogno. Questa particolarità potrebbe essere un riferimento alla storia personale della pittrice, che accusò Tullia, inquilina e punto di riferimento della ragazza, di omissione di soccorso nel momento dello stupro subìto da parte di Tassi.
Caravaggio utilizza dei contrasti molto forti, che invece Artemisia addolcisce con dei chiaroscuri più morbidi e meno netti.
In Caravaggio, Oloferne è dipinto proprio l’istante in cui viene colto di sorpresa dal colpo di Giuditta, mentre Artemisia rappresenta il momento in cui ormai Oloferne sta per esalare il suo ultimo respiro.
Maddalena penitente
ARTEMISIA GENTILESCHI
Ubicata nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti, a Firenze
L’opera è stata realizzata dalla Gentileschi dopo il 1613 e contiene i resti autobiografici del suo tormento. La scena vede come unica protagonista la Maddalena che indossa un abito moderno di seta gialla che viene investito da una luce frontale e, a causa di questa, assume sfumature diverse, come se fosse iridescente. In quest’opera, infatti, l’artista riuscì ad esprimere al meglio le sue capacità di trattare e analizzare le superfici e i materiali attraverso un vivissimo senso del colore. La donna veste l’abito in maniera impropria, dato che lascia una spalla scoperta. A questo si aggiunge l’espressione appassionata e sensuale, i capelli scomposti, la testa protesa in avanti e reclinata su un lato. Lo sguardo non è rivolto allo spettatore, ma verso l’alto in segno di preghiera: se il braccio sinistro è teso e allontana qualunque pretesto di distrazione, la mano sul petto (un gesto che definisce un’indole riflessiva, di sottomissione o di pentimento) indica l’intensità emotiva con cui la santa vive questo momento di raccoglimento.
Per questo motivo si tratta più di una penitenza della donna che di una vera e propria conversione. In realtà è come se la Gentileschi avesse voluto rappresentare contemporaneamente questi due momenti, racchiusi in un’unica espressione. Così viene giustificata anche la sensualità del soggetto: la figura elegante accenna una nudità non provocatoria, perché immersa nella devozione (piede: penitenza, confessione, rinuncia). L’artista ha voluto rappresentare l’anima in moto di Maddalena, la quale ha lottato contro i piaceri mondani per inseguire la virtù eterna e morale. È per questo che la donna allontana da sé lo specchio, simbolo di vanità, su cui si legge Optimam partem elegit ("ha scelto la parte migliore", ovvero la virtù).
La Gentileschi, prendendo ispirazione da Caravaggio, posiziona la luce in un determinato modo per creare un effetto drammatico.
CARAVAGGIO
Custodita nella Galleria Doria Pamphilij, a Roma
Anche Caravaggio propose la figura della Maddalena secondo una nuova iconografia. Ovviamente, anche in questo caso l’artista si rifà al modello di una prostituta per realizzare la protagonista del quadro.
Maddalena è accasciata su una piccola sedia, posta al centro di una stanza vuota, cupa e in contrasto con il suo abbigliamento. Per terra ci sono i gioielli che lei si è strappata di dosso dopo un momento di rabbia e accanto c’è un’ampolla di profumo. Se ad un primo sguardo la donna sembra addormentata, in realtà è sfinita, debole e sta piangendo (lacrima che risplende).
Caravaggio rappresentò la Maddalena come una prostituta, ciò che era veramente nella sua vita precedente secondo la tradizione cristiana. La donna non sta vivendo il momento della conversione vera e propria, ma si sta acquisendo una consapevolezza: quella di aver condotto una vita che l’ha consumata. La scena intima dipinta è ricca di religiosità. La donna viene rappresentante principalmente debole e vulnerabile, in una posizione di totale sconforto in cui si rende conto di aver toccato il fondo.
CONFRONTO
Se la Maddalena di Caravaggio si chiede che cosa abbia fatto della sua vita, quella di Artemisia Gentileschi assume un atteggiamento completamente diverso. Quest’ultima è una donna che, continuando a possedere una dedizione e una fedeltà religiosa non superba, si ritrova a dover affrontare la se stessa del passato con più coraggio, forza e decisione. È consapevole dei suoi peccati, ma è anche pronta a cominciare una nuova vita, senza buttarsi nello sconforto. Con la mano lei allontana definitivamente e consapevolmente lo specchio, mentre la Maddalena di Caravaggio potrebbe essere ancora tenta dai gioielli sparsi per terra (anche se la sua frustrazione l’ha portata a strapparli con rabbia di dosso). Lei ha bisogno di una carezza, di qualcuno che le dia una mano per aiutarla, e questo qualcuno sarà proprio Dio.
Anche per questo motivo, il quadro di Caravaggio è quello che più rende vicina a noi una figura santa che, prima di diventare tale, era un essere umano che si lasciava andare ai vizi e ai piaceri della vita mondana.
Al prossimo articolo!
L(&A)
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