Hai voglia di vestire i panni di turista per un giorno intero? Roma è la città che fa per te. Quella che una volta fu la capitale dell'impero romano oggi contiene ancora frammenti di vari periodi storici che non vedono l'ora di essere riscoperti. Ma cosa visitare? Sicuramente da non perdere ci sono i Musei Vaticani.
La struttura
I Musei Vaticani furono fondati da Papa Giulio II nel 1503. La vasta struttura comprende più sezioni: il Museo di Pio-Clementino, la Galleria dei Candelabri, la Galleria degli Arazzi, la Galleria delle Carte geografiche, le Stanze di Raffaello e la Cappella Sistina,
Il sito ufficiale con tutte le informazioni per visitarlo è il seguente: Vatican Museums – Official Website (museivaticani.va).
[Foto del Museo di Pio-Clementino]
[Foto della Galleria dei Candelabri]
[Foto della Galleria degli Arazzi]
[Foto della Galleria della Carte geografiche]
La Cappella Sistina
La Cappella Sistina, in latino Sacellum Sixtinum, è stata costruita tra il 1475 ed il 1481 come una restaurazione della vecchia Cappella Magna per volere di Papa Sisto IV della Rovere, da cui prende anche il nome e di cui è visibile lo stemma.
Attualmente è presente la balconata del coro che divide la cappella in due parti. Inoltre, essa ha il compito di ospitare la riunione del corpo elettorale incaricato di eleggere il nuovo papa.
Si tratta di una sala rettangolare dalle dimensioni di 40 (lunghezza)x13 (larghezza)x20 (altezza) metri, ricalcando il Tempio di Salomone descritto nell'Antico Testamento. All'esterno è sorretta da contrafforti ed è circondata da muri con scale di collegamento. La struttura è di epoca medioevale, ma gli affreschi riassumono anche artisti di epoche successive.
Prima dell'arrivo di Michelangelo, la Cappella Sistina era già definibile un capolavoro della storia dell'arte. Frutto della collaborazione durata soli sette mesi di vari artisti di grande importanza, si configurava secondo un'organizzazione ben precisa: la volta era ricoperta da un cielo azzurro dalle stelle dorate, il pavimento presenta ancora un modello cosmatesco e le pareti laterali si strutturano su tre livelli differenti. Il livello più alto ospita nelle nicchie delle statue raffiguranti 30 pontefici, mentre quello più basso mostra dei finti arazzi con lo stemma della Rovere. Se questi due erano il frutto del lavoro degli assistenti, il livello più importante era ed è tutt'ora quello centrale, che rappresentava Scene della vita di Mosè (con le spalle all'ingresso da sinistra) e Scene della vita di Gesù (da destra).
Queste derivano dalle mani dei pittori migliori del tempo, i quali avevano collaborato creando una vera e propria équipe: Perugino, Signorelli, Botticelli, Rosselli, Ghirlandaio, Pinturicchio, della Gatta e forse Lippi. Ad avere voce in capitolo sull'iconografia furono Pinturicchio ed il Perugino. Quest'ultimo in particolare aveva il compito di coordinare i lavori per rendere la composizione omogenea, uniforme e coerente a se stessa. Per questo motivo decise di far adottare agli artisti delle regole precise, come l'estensione dei quadri, la dimensione delle figure in primo piano e le tonalità dominanti (ad esempio, Mosè è sempre raffigurato vestito di giallo e verde).
Tra le scene rappresentate, una delle più famose è sicuramente la Consegna delle Chiavi del Perugino. L'affresco raffigura il momento in cui Gesù consegna le due chiavi del paradiso a Pietro, simboli dell'autorità papale. La Chiave d'oro rappresenta l'Autorità divina che scende da Dio e viene conferita ai preti per assolvere i peccati, mentre la Chiave d'argento incarna la Sapienza che occorre per valutare le imprese, sciogliere il nodo del peccato e conferire una assoluzione idonea.
Nella composizione ad impianto prospettico, accentuato dalle assi della pavimentazione che conducono al punto di fuga centrale, l'attenzione ricade sulle figure disposte in primo piano. Sullo sfondo è presente l'Arco di Costantino, quello che oggi si trova vicino al Colosseo e che celebra la Battaglia di Monte Milvio, combattuta da Costantino del 312. La scena ricorda parzialmente lo Sposalizio della Vergine.
Inoltre, è possibile notare l'autoritratto del Perugino con un copricapo nero nella quinta figura da destra.
Volta della Cappella Sistina
Michelangelo lavorò da solo e ininterrottamente per quattro anni alla volta della Cappella Sistina, dipingendo scene dell’Antico Testamento, in particolare quelle della Genesi, Sibille e Profeti.
Una delle curiosità eccezionali che bisogna tenere a mente è che il pittore s'imbarcò in questa impresa immensa senza aver mai provato la tecnica dell'affresco. In poche parole, era la sua prima esperienza di questo tipo ed è riuscito a realizzare qualcosa di magnifico correggendosi in corso d'opera.
Il cielo stellato realizzato in precedenza non andava bene. Papa Giulio II, nipote di Sisto IV, diede l’incarico di affrescare la volta a Michelangelo, il quale la divise in settori delimitati da elementi architettonici che sono aggettanti rispetto alle scene, concepite come al di là della struttura, creando l’effetto di un immenso altorilievo. La volta è quindi scandita da cinque archi in senso trasversale e tre parti in senso longitudinale.
Le Scene della Genesi iniziano con la separazione di buio e luce e terminano con l’ubriachezza di Noè, sebbene Michelangelo le dipinse in ordine inverso (dall'entrata verso l'altare). Occupano tutta la parte centrale del soffitto e sono in tutto nove episodi divisi in tre sottogruppi: Storie della Creazione, Storie dei progenitori e Storia di Noè. Le prime scene che affrescò sono molto drammatiche e affollate di personaggi, mentre le raffigurazioni successive mostrano una sintesi ed un equilibrio perfetti.
Ogni personaggio è un eroe statuario ed epico: lotta contro il suo destino e possiede un corpo forte e vigoroso, una decisa linea di contorno e la torsione del corpo a linea serpentinata. La torsione e il pathos dei personaggi di Michelangelo sono influenzati anche dalla famosa statua ellenistica del Laocoonte, che ha uno stile vicino alla visione pessimistica della vita propria di Michelangelo: l’uomo ha in sé qualcosa di divino ma anche l’imperfezione.
Tutt'intorno sono posizionati gli Ignudi, ovvero angeli senza ali o simboli della ragione dell'anima. Inoltre, nei riquadri laterali Michelangelo posizionò su dei troni sette Profeti (celebre è la raffigurazione del Profeta Gioele) e cinque Sibille (famosa è la Sibilla Delfica). In particolare, secondo alcuni studiosi il volto del Profeta Geremia potrebbe corrispondere ad un autoritratto dell'artista. Nelle vele, nelle lunette e nei pennacchi angolari, invece, ritrasse gli Antenati di Cristo e gli Eroi di Israele.
L'episodio più conosciuto è sicuramente la Creazione di Adamo, in cui Dio con i suoi angeli arriva dalla destra e dà vita all’uomo sfiorandogli la punta del dito in uno dei gesti più intensi e carichi di significato di tutta la storia dell’arte. Il Signore viene rappresentato sullo sfondo di un drappo piegato in maniera tale da ricordare la sagoma di un cervello di profilo. La metafora che ne deriva riconosce nell'uomo il quisque faber fortunae suae ("ciascuno è artefice del proprio destino"): facoltà che viene donata direttamente da Dio e che si fa corrispondere all'intelletto.
Il Giudizio Universale
Su 180 metri quadri di parete Michelangelo dovette continuare i suoi lavori nella Cappella Sistina tra 1536 e 1541, per commissione dei Papi Clemente VII e Paolo III Farnese. Nonostante i suoi dubbi riguardo l'impresa che avrebbe compiuto da solo, l'artista dovette accettare l'incarico.
Sacrificando tre affreschi del Perugino ed il suo stesso intervento nelle lunette, Michelangelo rappresentò il giorno del giudizio supremo in cui l'umanità si ritrova al cospetto dell'ira di Dio (il famoso dies irae). Il fulcro simbolico dell'intera scena è posizionato sulla nuova iconografia del Cristo giudice apollineo senza barba, le quali peculiarità del volto sembrano ricordare l'Apollo del Belvedere. E' lui che con i suoi gesti definisce le sorti dell'umanità: la mano destra guida le anime beate verso il paradiso e quella sinistra condanna i dannati all'inferno. Accanto a lui si trova la Vergine spaventata, San Pietro che nel dubbio gli restituisce le Chiavi ed, ai suoi piedi, San Bartolomeo che, morto scuoiato vivo, tiene in mano la sua stessa pelle in cui è riconoscibile il volto di Michelangelo.
La struttura delle 400 figure ha un modello compositivo ruotante in senso orario: nella parte sinistra avviene la Resurrezione dei morti (lì uno degli angeli usa un rosario per indicare come la preghiera permette la salvezza), mentre in quella destra i peccatori raggiungono l'ingresso degli inferi con l'accompagnamento di Caronte e Minosse. Quest'ultimo presenta delle orecchie da asino e la critica ha riconosciuto in questo gesto l'intento dell'artista di deridere Biagio da Cesena, il quale aveva creato una polemica per i troppi corpi nudi dipinti.
Il tutto avviene sullo sfondo di un cielo azzurro, colore che è stato ottenuto attraverso la triturazione della pietra di lapislazzuli.
Le Stanze di Raffaello
Nel 1508 Raffaello si trasferì a Roma chiamato da Giulio II, il papa della nuova visione della città. Il pontefice, che non voleva abitare nelle stanze del predecessore Alessandro VI, ordinò la decorazione agli appartamenti al secondo piano del palazzo Vaticano. Inizialmente il progetto delle stanze Vaticane era stato affidato ad artisti come Perugino, Bramantino e Peruzzi, ai quali si aggiunge solo dopo anche Raffaello. Dato il suo talento, gli fu affidata la Stanza della Segnatura e poi tutto l’incarico, concedendogli il permesso di cancellare quanto fatto dagli altri pittori. Raffaello, però, preferì creare un gruppo di lavoro coordinato da lui stesso. Il dotto enciclopedismo degli affreschi doveva celebrare e legittimare il tema principale: la grandezza della Chiesa di Roma. Raffaello seppe rendere i concetti teologico-religiosi e filosofici chiari e comprensibili, sciogliendo ogni tipo di mistero e utilizzando un linguaggio genuino e naturale.
La Stanza della Segnatura, la prima delle stanze vaticane, funge da biblioteca e studio privato. L’artista propose una sintesi tra pensiero antico e cristiano moderno, attraverso l’esaltazione delle allegorie delle Quattro Facoltà Universitarie (Teologia, Filosofia, Poesia e Giurisprudenza): “vero spirituale” (Disputa del Sacramento), “vero razionale” (Scuola di Atene), “bello” (Parnaso), “bene” (Pandette di Giustiniano e Decretali di Gregorio IX). Prende questo nome perché ospitò la Signatura gratiae et iustitie di papa Paolo III.
La Disputa del Sacramento illustra il mistero essenziale della fede cristiana, ossia la presenza di Cristo nell’ostia consacrata. La scena si svolge su due livelli sovrapposti: la Chiesa Trionfante in alto e la chiesa Militante in basso. Le figure sono a grandezza naturale e la loro disposizione crea un potente effetto tridimensionale. In alto, Cristo siede al centro di un emiciclo di nuvole, circondato da Padre, Vergine, San Giovanni battista, figure della Bibbia e quattro angeli che tengono i Vangeli. Al livello inferiore ci sono teologi posti a semicerchio che, secondo Vasari, discutono della presenza di Dio nella materia, cercando di comprenderlo e spiegarlo. In realtà, accolgono con la loro gestualità ampia e sicura l’evidenza del dogma dell’eucarestia, presente nell’ostensorio posto sull’altare centrale.
La Scuola di Atene rappresenta i sapienti discutere il raggiungimento della verità ed esalta la ricerca razionale del “vero” in relazione a quella di Dio. Il dipinto illustra le componenti del sapere umano: metafisica, teologia, magia e filosofia della natura. Si esalta l’uomo come consapevole individuo pensante, attraverso la disposizione libera dei personaggi nello spazio artificiale nella Scuola e naturale creato da Dio nella Disputa. Al centro Platone (impersonato da Leonardo da Vinci) indica il mondo delle idee e Aristotele la realtà terrena, luogo dove secondo loro si può trovare rispettivamente la verità.
Inoltre, le statue inserite nelle nicchie a rappresentare la ragione sono di Apollo e Minerva. Raffaello inserisce anche l'artista Michelangelo nei panni di Eraclito. Tra i volti sono riconoscibili anche un autoritratto dell'artista (giovane a destra che guarda lo spettatore), Ipazia ritratta come la Monna Lisa, Pitagora (a sinistra con un libro tra le mani), Euclide mentre prende le misurazioni sulla lavagnetta (a sinistra).
La sua pittura fu la prima ad essere percepita come veramente completamente classica. Gli atteggiamenti dei personaggi, le posture, i dialoghi psicologici intrattenuti tra loro avevano una naturalezza, una dignità senza precedenti facevano dell’uomo il vero protagonista di un racconto tutto calato nel mondo e sviluppato nella storia.
Foto realizzate da L(&A) durante l'uscita didattica proposta dal Liceo scientifico Galeazzo Alessi, Perugia.
Al prossimo articolo!
L(&A)
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